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martedì 10 gennaio 2012
A Marchion non si comanda, si crede
29 gennaio 2008: Marchionne promette: "Lo stabilimento di Termini Imerese non chiuderà, anzi dal 2009 produrremo la nuova Ypsilon".
Nemmeno un anno e mezzo e il manager pagato più dell'amministratore delegato della BMW ha un'illuminazione: "Termini Imerese non ha ragione di esistere. E' un luogo stranissimo dove non c'è niente intorno". Evidentemente gli anni precedenti, foraggiati da nostri soldi, quelli della Fiat avevano allucinazioni continue e vedevano attorno allo stabilimento siciliano un indotto poi improvvisamente scomparso.
Sono anni che Sergio Marchionne promette 20 miliardi di investimenti in Italia. A nessuno mai è venuto in mente di chiedere un dettaglio di modalità e tempi. Così rimangono parole al vento.
A metà 2010 la Fiat convince alcuni sindacati a firmare un contratto diverso a Pomigliano, per sbloccare 600 milioni di investimenti e lanciare la produzione della nuova Panda.
In una completa assenza del governo Berlusconi (che con il ministro Sacconi spinge sostanzialmente la casa automobilistica torinese a dividere i sindacati), viene raccontato che lo stabilimento campano soffre di problemi di scarsa competitività per alcune particolarità, quali l'assenteismo troppo alto.
Tanto che anche tra i sindacati firmatari, si sottolineava come quella fosse una soluzione specifica, non esportabile in altre parti d'Italia.
Salvo, pochi mesi dopo, sentire la necessità di replicare il modello Pomigliano a Mirafiori. In cambio di un miliardo di investimenti al momento non pervenuti. Ora, infatti, la fabbrica torinese è decisamente sottoutilizzata.
Sempre con la minaccia dell'abbandono dell'Italia, poche settimane fa il modello Pomigliano è stato esteso a tutto il gruppo.
Mentre tutto l'indotto Fiat risente pesantemente della scarsa produzione nel nostro Paese, Marchionne inizia a uscire allo scoperto circa la sua vera intenzione, denunciata più volte dal nostro partito: lasciare l'Italia e Torino.
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