Precari della ricerca fuori dalla commissione statuto (nominata ieri) anche al Politecnico, come una settimana fa in Università. La categoria più bastonata dalla riforma Gelmini che ha azzerato borse di studio e contratti a termine, non avrà rappresentanza al tavolo che scriverà le nuove regole dell’ateneo. Ci saranno invece sei ordinari (Canuto, Rossetto, Farale, Mellano, Poggiolini e Morra), due associati (Damuri e Oreglia), due ricercatori (Foti e Torchio) e due studenti (Baglivo e Rossi).
Per i precari un'esclusione che viene dopo la consegna di 650 firme al rettore per chiedere un posto in Commissione e che si aggiunge ai tagli della legge considerati «un colpo di spugna drammatico».
Quantificare i posti di lavoro andati in fumo dall’entrata in vigore della legge (fine gennaio) è quello che Università e Politecnico stanno tentando di fare in queste settimane, cercando di sfruttare ogni cavillo per mantenere «più borse possibili - dicono per esempio dal rettorato di via Verdi - per tutelare l'interesse di tutte le parti». Anche il rettore del Politecnico, Francesco Profumo, ha assicurato: «Terrò conto delle istanze dei precari». Dichiarazioni ancora vaghe che tentano di gettare acqua sul fuoco, ma la situazione è rovente: «Siamo di fronte ad un piano di licenziamento di massa» dicono i precari. All'Università sono 1.600; circa mille, secondo la legge, dovrebbero uscire dall'ateneo. Al Politecnico manca ancora un dato ufficiale, ma sono settecento gli assegnisti che si troveranno nella stessa situazione tra uno o due anni, ai quali vanno aggiunti gli oltre duecento studenti per i quali non sarà più attivabile nessuna borsa post dottorato.
Lo sfogo è unanime: «Ci sentiamo intrappolati nel paradosso di una società che a parole punta sulla ricerca, ma nei fatti e con gli stanziamenti dimostra il contrario». Valentina Barrera, 28 anni, un dottorato in tasca e tre anni di ricerche mediche alle spalle dice: «Non so ancora se la mia borsa, al massimo mille euro al mese, verrà finanziata. Siamo in un limbo preoccupante: conveniamo alle aziende come collaboratori esterni qualificati, ma in cambio ci offrono ancora meno tutele dell’Università».
Per i precari un'esclusione che viene dopo la consegna di 650 firme al rettore per chiedere un posto in Commissione e che si aggiunge ai tagli della legge considerati «un colpo di spugna drammatico».
Quantificare i posti di lavoro andati in fumo dall’entrata in vigore della legge (fine gennaio) è quello che Università e Politecnico stanno tentando di fare in queste settimane, cercando di sfruttare ogni cavillo per mantenere «più borse possibili - dicono per esempio dal rettorato di via Verdi - per tutelare l'interesse di tutte le parti». Anche il rettore del Politecnico, Francesco Profumo, ha assicurato: «Terrò conto delle istanze dei precari». Dichiarazioni ancora vaghe che tentano di gettare acqua sul fuoco, ma la situazione è rovente: «Siamo di fronte ad un piano di licenziamento di massa» dicono i precari. All'Università sono 1.600; circa mille, secondo la legge, dovrebbero uscire dall'ateneo. Al Politecnico manca ancora un dato ufficiale, ma sono settecento gli assegnisti che si troveranno nella stessa situazione tra uno o due anni, ai quali vanno aggiunti gli oltre duecento studenti per i quali non sarà più attivabile nessuna borsa post dottorato.
Lo sfogo è unanime: «Ci sentiamo intrappolati nel paradosso di una società che a parole punta sulla ricerca, ma nei fatti e con gli stanziamenti dimostra il contrario». Valentina Barrera, 28 anni, un dottorato in tasca e tre anni di ricerche mediche alle spalle dice: «Non so ancora se la mia borsa, al massimo mille euro al mese, verrà finanziata. Siamo in un limbo preoccupante: conveniamo alle aziende come collaboratori esterni qualificati, ma in cambio ci offrono ancora meno tutele dell’Università».
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